EMMAUS storica testata della diocesi di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli e Treia passa al digitale.
Come saprete, Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.
La Corte di Cassazione ha dunque scritto la parola “fine” su di una vicenda processuale a dire il vero parecchio contorta. Di fatti, Stasi era stato inizialmente assolto – in primo ed in secondo grado- ma nel 2013 la Cassazione ne ha annullato la senteza di assoluzione. Richiedendo che fossero presi in considerazione un capello ed alcuni residui di DNA trovati sul corpo della vittima e mai analizzati. A prescindere dalle caratteristiche precipue della vicenda – della quale conosco solo ciò che è stato scritto sui giornali – credo che il processo Stasi possa aiutarci a riflettere sull’attuale crisi della giustizia penale e sulla discutibile industria mediatica che da essa trae linfa vitale. Fonte e per leggere tutto Guido Saraceni
Quanto accaduto domenica sera rappresenta una sorta di “punto di non ritorno” nel campo della comunicazione e del giornalismo.
Se non sapete di cosa sto parlando, mi riferisco al botta-e-risposta su Twitter tra ENI e Report; se volete maggiori dettagli sui puri fatti, vi rimando all’ottimo post di Jacopo Paoletti.
Si mostra nuda in webcam, lo fa spogliare e poi gli chiede ben 1.300 euro per non pubblicare il video in rete. Vittima della seduzione virtuale un trentenne residente in Vallesina, poco avvezzo all’uso dei social network e dei sistemi informatici.
Cercare di calmare i proprio figli con smartphone e tablet potrebbe danneggiare lo sviluppo emotivo del bambino, non permettendo ai piccoli di imparare a controllare le proprie emozioni autoregolandosi. Se dati in età precoce potrebbero causare ritardi nel linguaggio. Le nuove tecnologie possono anche essere causa di obesità infantile e aggressività.