Come saprete, Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.
La Corte di Cassazione ha dunque scritto la parola “fine” su di una vicenda processuale a dire il vero parecchio contorta. Di fatti, Stasi era stato inizialmente assolto – in primo ed in secondo grado- ma nel 2013 la Cassazione ne ha annullato la senteza di assoluzione. Richiedendo che fossero presi in considerazione un capello ed alcuni residui di DNA trovati sul corpo della vittima e mai analizzati. A prescindere dalle caratteristiche precipue della vicenda – della quale conosco solo ciò che è stato scritto sui giornali – credo che il processo Stasi possa aiutarci a riflettere sull’attuale crisi della giustizia penale e sulla discutibile industria mediatica che da essa trae linfa vitale. Fonte e per leggere tutto Guido Saraceni
«E’ un fenomeno - ha spiegato Stettini - poco esplorato, ma in espansione, da non sottovalutare per le implicazioni che ne possono derivare». In Italia, ma i dati coincidono con quelli della Liguria e del Savonese, il 26 per cento di giovani, fra i 12 e i 18 anni, pratica sexting: il 24 per cento sono maschi, il 19 per cento femmine. C’è chi si limita a inviare video e immagini al (o alla) partner o agli amici. Ma c’è anche chi lo fa per ricevere in cambio ricompense o regali (come ad esempio schede telefoniche) come un bambino di 8 anni, scoperto dalla polizia delle telecomunicazione. E sì perchè se il picco di questo fenomeno, si registra appunto nella fascia di età tra i 12 e i 18 anni, non ne sono escluse neppure quelle inferiori. Anni fa, la polizia postale ad esempio si era occupata, in Liguria, del caso di due sorelle, di 9 e 10 anni, che tramite Messenger scambiavano messaggi con un pedofilo venticinquenne e questi le aveva convinte a filmarsi nude. Dove finiscono fotografie e video? Quasi sempre ad amici e fidanzati, ma anche a sconosciuti, a persone «incontrate» su internet. C’è chi lo fa perchè «non ci trova nulla di male», perchè «lo ha fatto con il partner», per «scherzo», per «emulazione», ma chi anche perchè «sotto minaccia» o «per ricevere regali». Le ragazze lo fanno per farsi notare, sentirsi sexy, attirare l’attenzione di un ragazzo che piace. Il rischio, però, è che poi quelle immagini finiscano in rete, le vedano tutti. Come è successo a Savona, qualche mese fa, a una ragazzina: il video di un suo momento intimo con il fidanzatino è finito su WhatsApp e in poco tempo lo hanno visto le sue amiche. «Dall’inizio dell’anno - ha spiegato Surlinelli - abbiamo sotto controllo decine di ragazze sopra i 12 anni che hanno inviato immagini al partner. Spesso si fotografano nude in bagno, alle 7 prima di andare a scuola». E dall’incontro sono partiti due consigli. Uno ai ragazzi: «Non divulgate foto, perchè se ne perde il controllo». L’altro ai genitori: fino a quando i vostri figli sono minorenni, non c’è privacy che tenga. Controllate i loro computer, i loro smartphone.