Azzardo, ultima chiamata. Signori, prendere o lasciare, ma sia chiaro che se non si approda a niente la responsabilità è solo vostra.
Manca una settimana alla decisiva sessione della Conferenza Stato-Regioni, saltata giovedì scorso, e il sottosegretario Pier Paolo Baretta lancia un ultimatum alle Regioni e ai Comuni dissidenti, quelli che non vogliono rinunciare alle loro normative e alla loro autonomia.
Le posizioni di partenza sono note: le Regioni, Lombardia in testa, prevedevano 500 metri di distanza, obbligatori per tutti, tra punti gioco e luoghi sensibili (scuole, chiese, ospedali, centri sanitari, centri per anziani, centri di aggregazione giovanile, impianti sportivi, sale da ballo...). Il governo proponeva 150 metri come facoltà per il Comune. Posizioni oltranziste? No. Le Regioni scendevano a 300 metri. E il governo saliva? No. Fermo sui 150 metri facoltativi ma con obbligo di 50 metri: praticamente niente, un tiro di fionda. «Una protezione minima obbligatoria – commenta invece Baretta – indipendentemente dalla volontà degli ammini-stratori ». In più – diceva ieri durante l’audizione in Commissione Finanze al Senato – si potrà prevedere «a maggiore garanzia che la gestione delle distanze proposte, oltre che affidata ai sindaci, comporti un diretto coordinamento delle Regioni».
Baretta non lascia ulteriori margini alla trattativa. La sua bocciatura delle norme di molte Regioni e tantissimi Comuni, varate da chi vive sul territorio e vede la sofferenza e l’impoverimento causati dalla piaga dell’azzardo di massa, è senza appello, mediazione 'a 300 metri' compresa: «È evidente che l’esito di questa proposta è l’interdizione del gioco (Baretta si ostina a chiamarlo così, anziché azzardo, ndr) da qualsiasi territorio che non sia l’alta montagna e alcuni tratti isolati della Pianura Pada-na». La soluzione alternativa delle Regioni comporterebbe l’eliminazione dell’azzardo «per l’80% in alcune zone e addirittura del 100% in altre e si muove in un’ottica proibizionista». Margini ulteriori per un compromesso? Zero: «La fase dialettica può considerarsi esaurita. La riunione della Conferenza della prossima settimana sarà quella conclusiva».
Baretta sembra avere il sostegno del governo. Per il senatore Franco Mirabelli (Pd) «si è raggiunto un punto di equilibrio molto avanzato, oltre il quale c’è solo il proibizionismo. E le resistenze sono tutte ed esclusivamentepolitiche».La replica secca di Viviana Beccalossi, assessore regionale a Territorio e Urbanistica della Lombardia, è arrivata subito: «Se impedire che migliaia di famiglie italiane si rovinino e precipitino nel dramma significa essere proibizionisti, allora mi fregio di questo titolo». Opposizione puramente politica? «Se così fosse, perché la Puglia di Emiliano è con noi?». Beccalossi dà appuntamento a lunedì prossimo a Milano per la 'Seconda giornata nazionale per il contrasto al gioco d’azzardo patologico'. E conclude: «Se passasse la proposta del governo (150 metri facoltativi, 50 obbligatori), ci troveremmo ad avere città 'slot free' confinanti ad altre con slot in ogni strada».
Con queste premesse, con Baretta che dichiara chiuso il dialogo e Beccalossi che difende strenuamente norme e competenze maturate da Regioni e Comuni in questi anni di assenza del governo, ci si domanda come si possa giungere a un accordo. Né va dimenticato che il governo sembra ostinatamente ignorare le associazioni, che per anni sono state da sole (con alcuni ammini-stratori) a curare ferite, tamponare falle, lanciare allarmi inascoltati mentre l’azzardo moltiplicava il fatturato e l’Italia diventava il paese europeo con il maggior numero di macchinette, e grazie tante se adesso qualcuna (obsoleta) verrà rottamata. Il loro parere non sembra contare nulla. Distanze, orari, pubblicità: chi finora ha lavorato, spendendo tempo e competenza a vantaggio della comunità, viene gentilmente messo ai margini. Non per questo, ne siamo convinti, starà zitto.
fonte: avvenire del 18/5/2017