Questo il tema del primo convegno nazionale sotto la presidenza del prof. Massimiliano Padula
Educarsi alle visioni mediali del contemporaneo per capire, discernere e tutelare. E nello stesso tempo condividere e coinvolgere persone che, nei propri territori, abbiano voglia di mettersi in gioco con quei «meravigliosi doni di Dio» che sono i mezzi di comunicazione. L’Aiart, l’associazione nata nel 1954 per formare e preservare gli spettatori della nascente programmazione televisiva, continua il suo cammino non dimenticando che agire autorevolmente non può prescindere da una necessaria presa di coscienza personale. Per questo motivo venerdì e sabato 50 delegati da tutta Italia si incontreranno a Roma per confrontarsi sulle nuove sfide associative di fronte alla complessità crescente dello scenario tecnologico. E lo faranno con la consapevolezza che i media incrociano le nostre esistenze fino a orientare scelte, costruire relazioni, favorire conoscenza, causare criticità. Il compito dell’Aiart è di essere bussola all’interno di questo universo che, con la diffusione del digitale, si è fatto ancora più caotico e impercettibile. Il lavoro dell’associazione inizia, però, già nella prima metà degli anni Cinquanta. L’impulso dato da Pio XII e da Luigi Gedda fu fondamentale per creare un gruppo di interlocutori che potesse garantire la moralità dei programmi del servizio pubblico. Quell’impegno ha attraversato fasti e decadenze del contesto radiotelevisivo. Dalla bellezza della tv pedagogica alle ambiguità di quella commerciale, fino alle tante riforme governative di sistema, l’associazione ha sempre messo al primo posto il bene degli spettatori.
Lo ha fatto con i suoi gruppi di ascolto, facendo pressione sulle istituzioni e protestando attraverso i giornali.
Sempre con uno stile attento alla dignità della persona e proiettato nella ricerca della verità. Vicina alla Chiesa italiana e plurale nel suo sguardo e nelle sue riflessioni, l’Aiart nei decenni ha cambiato volto. Da semplice strumento di vigilanza è diventatacentro culturale a 360 gradi.
Ne sono esempio la sua rivista storica Il Telespettatore che proprio quest’anno compie mezzo secolo, la più recente pubblicazione di alta divulgazione La Parabolae i numerosi corsi di formazione e i convegni organizzati in tutta Italia. Il prossimo appuntamento formativo intende proprio gettare le basi per un ulteriore salto di qualità: superare i limiti di una spettatorialità sempre più partecipativa e frammentata e creare i presupposti di una vera e propria cittadinanza mediale, nella quale lo spettatore, da soggetto passivo (e deresponsabilizzato), diventa attore, un autore in grado di esprimersi, narrarsi e rappresentarsi sul Web con coscienza e buon senso. 'Responsabilità' e 'competenza' diventano, dunque, le fondamenta dell’impegno che l’associazione profonde nei luoghi tradizionali della sua azione: in famiglia, nelle scuole, nelle parrocchie e nelle istituzioni. Si tratta di un progetto ambizioso ma su cui l’Aiart ha deciso di scommettere, dando il proprio contributo «affinché i media – come scrive papa Francesco nella Laudato si’– si traducano in un nuovo sviluppo culturale dell’umanità e non in un deterioramento della sua ricchezza più profonda».