Il commento di Claudio Fraticelli al serial televisivo diretto da Paolo Sorrentino dopo la messa in onda delle prime due puntate
Ho appena visto i primi due episodi del serial televisivo di Paolo Sorrentino “The Young Pope”. Si presenta nell’immediato come una classica distopia cinematografica dove ognuno nel ruolo di telespettatore va alla ricerca delle sue proiezioni mentali, culturali ed ideologiche e ciò prescindendo dal domandarsi che cosa troverà o voglia effettivamente raccontare l’opera a cui sta assistendo. Ma chi si sente di appartenere alla tradizione cattolica la prospettiva del titolo crea una riserva di scetticismo, anche perché si va a toccare luoghi (Vaticano) e dinamiche sociali (segnatamente quelle ecclesiali) ritenute sacre.
L’Occidente ama banalizzare il senso del sacro: in questo senso Sorrentino si mette sulla scia della cultura dominante procurandosi un gioco facile per attrarre l’attenzione. Prevale in tutta la proiezione un grande senso dell’estetica e anche qui il nostro autore trova naturale fare ricorso ad ambienti di grande suggestione come gli spazi vaticani a partire dalla basilica di San Pietro. Si risente la metodologia adottata già nel film “La grande bellezza” del 2013. La dimensione estetica è sottolineata non solo dalla bellezza del giovane Papa (Jude Law), ma anche dal ricorso a tecniche di slow motion che, peraltro, finiscono con annoiare lo spettatore. Riguardo i contenuti trattati nei primi due episodi si ricava ben poco: pur utilizzando figure, protocolli e riti della Chiesa cattolica, non si rinviene traccia della storia o riferimenti diretti alla “Novella” di cui la Chiesa è portatrice nei secoli.
L’Occidente ama banalizzare il senso del sacro
Il focus è concentrato sul ruolo di “capo di Stato” del protagonista, che palesa la sua novità rompendo alcuni protocolli e propone questione dissacranti come, ad esempio, una imposizione della violazione del segreto confessionale, funzionale al rafforzamento del controllo e accentuazione di un potere dispotico. Compaiono anche archetipi, in particolare quello della grande madre che attrae il cardinal Voiello (Silvio Orlando), segretario di Stato, preso nella contemplazione di una statuetta di antica civiltà. Lo stesso archetipo traspare anche nel ruolo assunto da una suora, suor Mary (Diane Keaton). Questa si sente madre del giovane Pontefice per averlo allevato ed accolto nel suo istituto quando ancora era fanciullo e pensa di ispirarne le scelte, ponendosi subito in conflitto col cardinal Voiello. Nello scorrere di questi primi due episodi emerge un uomo dispotico e innamorato di se stesso che interpreta da solo il rapporto con Dio fino a volerlo sostituire.
Il protagonista interpreta da solo il rapporto con Dio fino a volerlo sostituire
Oltre a dare ulteriore dimostrazione di non avere neppure preso in considerazione la storia della Chiesa che, come ebbe modo di stigmatizzare il cardinal Cusano (1401-1464) e ha ripreso Carl Schmitt (1888 – 1985), si presenta sul piano della struttura di potere come una “complexio oppositorum”, raccogliendo in sé sia la struttura monarchica unita a quella aristocratica, congiungendosi con quella democratica. Nella Chiesa Cattolica una ipotesi quale quella prospettata da Sorrentino sarebbe alquanto improbabile. Dico improbabile e non impossibile perché in quest’ultima ipotesi dovremmo affrontare lo scenario “anticristico” ma questo non emerge nel film. Forse sarà stato suggestionato erroneamente da alcune variazioni di prassi adottate di recente da papa Francesco, ma non credo che questo potrà mai scemare nella ipotesi proposta nel film.
Nel serial si prendono in esame ipotesi improbabili rispetto alla storia della Chiesa
Sul piano culturale l’operazione cinematografica è un ricalco del pensiero romantico che porta alla memoria, oltre a Novalis, pensatori come Frederic Schlegel e Schleiermacher, che promossero, alla fine del secolo XVIII, il progetto di trasformazione della religione in estetica. La religione cristiana scrive Frederic Schlegel e diventata vecchia e spetta all’arte il compito di conservare la sostanza religiosa. L’autentica religione non è eteronoma, non è una rivelazione giunta dal di fuori da una ultra terrena divinità, ma è il dispiegarsi della libertà creativa dell’uomo fino all’auto divinizzazione. Questo si prepara nel corso dei primi due episodi e, probabilmente, vedremo portare a compimento con i prossimi.