«Non si ripetano ancora gli errori del passato!». È perentorio l'appello del presidente regionale Aiart Marche Lorenzo Lattanzi, a proposito della barbara uccisione dell'ambulante nigeriano Alika Ogorchukwu Venerdì 29 luglio a Civitanova Marche (MC) «strumentalizzare questa tragedia per fini elettorali o ideologici non serve a nessuno, anzi, rischia di alimentare escalation violente che impediscono la riflessione approfondita e allontanano dalla corretta analisi dei fatti di cronaca. Non dobbiamo ripetere gli errori già commessi con la tragedia di Pamela Mastropietro e il conseguente arresto di Luca Traini» prosegue Lattanzi «Anche in quel caso prevalse una linea ideologica e politicizzata che non ha fatto bene a nessuno, né ai familiari delle vittime, né alla città, né al dibattito pubblico. Se all’epoca, come associazione, avevamo sommessamente proposto una riflessione sul tema della legalità a Macerata e nel nostro Paese (proposta purtroppo ignorata), in questa occasione sentiamo il dovere d’intervenire direttamente con questo comunicato per promuovere una riflessione collettiva sulla banalizzazione della violenza, sul disimpegno civile e sulle povertà educative. Non ci si può scaricare la coscienza limitandosi ad accendere il cellulare per riprendere certe scene e condividerle in rete! Forse è giunto il momento di domandarsi se la sovraesposizione alla violenza verbale e fisica, che imperversa sui social e sui vari schermi personali di cui siamo tutti dotati, non contribuisca in qualche modo a una sorta di assuefazione al male, a una sua spettacolarizzazione, se non addirittura – come nel caso delle baby gang – a promuovere atteggiamenti emulativi, solo per ricevere qualche like in più». «Anche i media locali e nazionali facciano attenzione a non alimentare l’escalation ideologica violenta che già s’intravede su molte testate» conclude il presidente regionale, che è anche vicepresidente nazionale dell'associazione cittadini mediali, «perché dispiace molto leggere i commenti di quanti si affrettano a buttare benzina sul fuoco della contrapposizione piuttosto che promuovere riflessioni pacate. Anziché puntare il dito altrove, è giunto il momento per un “mea culpa” collettivo: ogniqualvolta ci siamo girati dall’altra parte, abbiamo cercato di giustificare in qualche modo azioni o parole violente, oppure abbiamo ceduto alla tentazione del tifoso ultras che, schierato faziosamente, ritiene la propria squadra sempre dalla parte della ragione; anche quando perde. Perché stavolta, purtroppo va riconosciuto, abbiamo perso tutti!»