Giacomo Buoncompagni , presidente Aiart Macerata, su Cronache Maceratesi offre la sua riflessione in merito ad un episodio locale che non può e non deve lasciarci indifferenti.
di Giacomo Buoncompagni
da cronachemaceratesi.it
È il più recente caso di cyberbullismo arrivato alla procura di Minori di Ancona, un fenomeno che coinvolge sempre di più vittime e carnefici di sesso femminile. Dopo essere svenuta nel bagno della scuola le amiche l’hanno spogliata per fotografarle le parti intime e hanno caricato tutto il contenuto all’interno social network. Il fatto è avvenuto in un istituto scolastico della provincia di Macerata. La vittima? una 14enne. Due delle compagne di classe coinvolte nel fatto, sono state accusate del reato di pedopornografia avendo queste approfittato della situazione per abbassarle i pantaloni e alzarle la maglietta per fare delle foto poi diffuse nella rete. Perché nonostante i numerosi volumi scritti, i migliaia di convegni organizzati, i numerosi seminari e incontri formativi realizzati tra e per le università, gli insegnanti, i genitori e gli studenti, l’utilizzo delle velocissime piattaforme online che presentano semplici ed interessanti materiali di studio in rete sul tema, la nuova legge nazionale e regionale sul cyberbullismo, le attività di sensibilizzazione… assistiamo ancora a tutto questo? Perché questo tipo di forma-azione non sta funzionando? Se tutto ciò non è sufficiente, come potremmo intervenire? A volte le soluzioni sono di una semplicità disarmante, anche se l’obiettivo è scovare antidoti contro la violenza. A mio parere accanto ad una pressante formazione di stampo scientifico, potremmo iniziare a colmare alcune lacune che nell’era dell’ipercomplessità e dell’ipercomunicazione stanno emergendo e che, sommate insieme, danno vita a nuove forme di (cyber)violenza.
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