L’utilizzo di termini che hanno una risonanza morale profonda in specifiche comunità agevola significativamente la diffusione delle opinioni – fenomeno chiamato contagio morale. Ecco quali modelli matematici permettono di rappresentare l’evoluzione “ideologica” dei membri della rete.
(di Alberto Berretti, Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ingegneria Informatica, Universita' di Tor Vergata e Gregorio D'Agostino, ENEA Centro Ricerche)
La modellizzazione matematica delle reti – di qualsiasi cosa: di persone, di risorse, etc. – ha avuto negli ultimi anni un grandissimo sviluppo. Da una parte si possono utilizzare strumenti di indagine basati sulla teoria matematica delle reti per studiare reti esistenti; dall’altra si può cercare di creare dei modelli matematici che riproducano il mesentiemglio possibile il comportamento di reti reali, allo scopo di migliorarne la comprensione e la struttura o di predirne il comportamento senza fare “esperimenti” che, su strutture a rete reali potrebbero essere difficili da compiere, o anche solo eticamente improponibili.
L’emergenza di reti sociali online è poi fonte di spunti e di possibilità inesauribili. Da una parte abbiamo reti sociali di dimensioni globali (i miliardi di utenti di Facebook, ad esempio), dall’altra abbiamo le problematiche relative all’influenza delle opinioni e del sentiment online sul mondo esterno alla rete sociale (ad es. le influenze sulle scelte politiche). Diventa molto interessante capire come i membri di un social network si organizzano in comunità – problema che inizia con la definizione del concetto di comunità – e come le opinioni, ad es. in un caso semplice la posizione rispetto ad un determinato argomento sul quale si può fare una scelta binaria di tipo si/no, da un lato vengono influenzate da questa suddivisione in comunità e dall’altro definiscono e danno forma alle comunità medesime.
Un recente articolo di alcuni studiosi della New York University (W. J. Brady, J. A. Wills, J. T. Jost, J. A. Tucker, J. I. Van Bavel, Emotion shapes the diffusion of moralized contet in social networks, Proceedings of the National Academy of Sciences, July 11, 2017, vol. 114, no. 28, pp. 7313-7318; l’articolo è on line ma dietro un paywall) ha mostrato come l’utilizzo di termini che hanno una risonanza morale profonda in specifiche comunità (nel caso in questione, comunità politicamente liberal o conservative) agevola significativamente la diffusione delle opinioni – fenomeno che gli autori chiamano contagio morale. Un’osservazione molto significativa che fanno gli autori è che però il contagio morale resta largamente confinato all’interno della bolla ideologica nella quale gli individui in questione si muovono ed hanno relazioni sociali. Questo grafico è lampante: abbiamo un grafo sociale significativamente esteso (gli autori hanno utilizzato dati di oltre 500 mila persone) in cui i colori dei nodi (dei puntini: ciascun puntino rappresenta una persona) rappresentano appunto due opzioni opposte relativamente ad un topic prescelto: nel caso concreto, gli argomenti prescelti sono stati il controllo delle armi, il matrimonio omosessuale e il problema del cambiamento climatico. Il rosso rappresenta una visione conservative, il blu una liberal; le linee tra i nodi rappresentano i retweet (chi retwitta i tweet dell’altro).
Come è evidente, la maggior parte dei retweet avvengono all’interno della medesima comunità di valori – rozzamente definita – ed i retweet tra comunità distinte sono pochi. Questo fenomeno viene denominato in gergo polarizzazione. I lavori importanti in questo campo si devono al gruppo capeggiato da Walter Quattrociocchi (si vedano ad esempio W. Quattrociocchi et al., Opinion dynamics on interacting networks: media competition and social influence, Scientific reports 4, 4938 e M Del Vicario et al., The spreading of misinformation online, Proceedings of the National Academy of Sciences 113 (3), 554-559). E’ importante notare che la propagazione delle informazione e la relativa polarizzazione praticamente non dipendono dalla veridicità delle stesse: le cosiddette “fake news” generano gli stessi effetti di altre assolutamente verificabili.
Ora, proviamo a formulare un modello semplice che possa riprodurre questo fenomeno, modello che peraltro abbiamo formulato prima di aver visto i risultati degli studiosi dell’NYU e che stiamo studiando sia mediante metodi Monte Carlo, cioè simulazioni randomizzate al computer, che in modo formale, analitico.
Un modello tradizionalmente usato per riprodurre la struttura delle reti sociali è il modello di Barabasi-Albert: viene costruito un grafo (cioè un insieme di oggetti detti nodi che rappresentano i membri della rete sociale, e di link, di collegamenti, tra nodi che rappresentano una relazione di contatto nella rete – ad es. l’ “amicizia” su Facebook, o l’aver espresso un “Mi piace” o fatto un commento su un post, etc.) secondo una regola molto semplice: partendo da un grafo originale molto piccolo praticamente arbitrario (si può ad es. partire da un grafo completo, cioè esiste ogni possibile link, o da un grafo vuoto, cioè privo di link, è largamente irrilevante) aggiungiamo un nodo alla volta, collegando il nuovo nodo ad un certo numero r di nodi preesistenti (r tipicamente è piccolo, ad es. 3). Tali r nodi verranno scelti con una probabilità proporzionale al grado del nodo medesimo, cioè proporzionale al numero di amici che il nodo a cui penso di collegarmi già possiede. L’idea di fondo è che sia piú probabile diventare amici di membri della rete che hanno già molti amici, ma che questa preferenza non sia esclusiva e quindi con minore probabilità possa anche diventare amico di persone meno sociali. Non è ovviamente questa la sede per raccontare la quantità di risultati che sono seguiti dalla introduzione di questo modello quindici anni fa (R. Albert, A. Barabasi, Statistical mechanics of complex networks, Rev. Mod. Phys. 74, 47 (2002)). Si tratta di risultati famosissimi, su cui sono stati anche scritti libri divulgativi e che hanno dato origine ad un intero filone di studio (le reti scale free).
Ci interessa introdurre una semplice variante di questo modello, in cui ogni nodo che viene aggiunto alla rete ha uno stato prestabilito, che viene scelto casualmente con pari probabilità: +1 o -1, blu o rosso, come preferite. Noi preferiamo +1 o -1.
Quando aggiungo un nodo alla rete la probabilità di aggiungerlo ad un nodo preesistente non solo sarà proporzionale al numero di “amici” del nodo a cui penso di collegare il nuovo nodo, ma sarà moltiplicata per un fattore, chiamiamolo γ, maggiore di 1, se il nodo ha il medesimo stato del nuovo nodo entrante, ed 1/ γ, quindi minore di 1, se il nodo ha stato opposto a quello del nodo entrante. Ovviamente occorre normalizzare le probabilità (cioè bisogna fare in modo che la loro somma sia 1), il che però è un fatto tecnico su cui sorvoliamo. La sostanza è che esiste un parametro γ > 1 che misura quanto l’omogeneità di opinione sul topic in questione infuenza l’ “amicizia”, insomma un parametro che misura il moral contagion di cui parla l’articolo degli studiosi dell’NYU. Se γ=1 allora il modello è identico a quello di Barabasi-Albert e le opinioni non hanno alcuna influenza nella scelta delle amicizie. Man mano che γ cresce, le opinioni contano sempre di piú e al limite per γ che tende a infinito abbiamo due reti di Barabasi-Albert totalmente distinte.
Se prendiamo valori di γ ragionevolmente grandi ma non enormi (ad es. nella figura che segue γ = 20, ma potremmo prendere anche valori piú bassi) e rappresentiamo la rete creata allo stesso modo della rete reale utilizzata dagli studiosi di cui sopra, otteniamo una figura come la seguente che riproduce esattamente la medesima fenomenologia.
In questo caso, si tratta di una rete di soli 10 mila nodi invece che degli oltre 500 mila utilizzata nello studio sopra citato: una simulazione su una rete di 500 mila nodi avrebbe richiesto un tempo di calcolo sostanziale mentre questa richiede solo qualche minuto su un computer di livello consumer.
Qui abbiamo visto solamente come le comunità definite dalla omogeneità di opinione abbiano un numero limitato di collegamenti, restino cioè impermeabili allo scambio di opinioni tra di loro, e come il nostro semplice modello possa rendere conto di questo comportamento. Quello che è interessante a questo punto studiare è vedere come siano ideologicamente polarizzate le comunità definite in modo puramente topologico – cioè guardando esclusivamente alla struttura del grafo ignorando il colore dei nodi. Esistono svariate nozioni di comunità in un grafo come nozione topologica (v. ad es. S. Fortunato, Community detection in graphs, Phys. Rep. 486 p. 75-174, 2010), e svariati algoritmi che possono essere sfruttati per determinarle. Noi abbiamo utilizzato uno dei piú comuni ed abbiamo rappresentato in un’istogramma il numero di comunità di livello di polarizzazione dato (il livello di polarizzazione di una comunità essendo definito come la media del valore dello stato di ciascun nodo membro: ecco perché preferiamo rappresentare lo stato con +1/-1 piuttosto che con un colore!).
Nelle figure che seguono abbiamo considerato grafi di 10 mila nodi, nella prima γ vale 1.6 e nella seconda vale 20. Nel primo caso, il livello di moral contagion è cosí basso che le comunità non risentono in modo significativo dalla polarizzazione ideologica, mentre nel secondo questo è tale da rendere le comunità quasi sempre ideologicamente allineate ed omogenee.
Ovviamente ci si può porre anche il problema in un certo senso duale rispetto a questo: il grafo sociale è fissato ed è una normale rete di Barabasi-Albert, e lo stato di ciascun nodo, invece che essere prefissato, dipende da quello dei vicini. In una situazione realistica entrambi i fenomeni hanno luogo contemporaneamente come è ovvio, ma nella modellizzazione matematica conviene considerare un problema alla volta. In questo ultimo caso si possono utilizzare diversi modelli dinamici per rappresentare l’evoluzione “ideologica” dei membri della rete: si può utilizzare ad es. quello che i fisici chiamano un modello di Ising, tradizionalmente utilizzato come modello del ferromagnetismo, o si può semplicemente calcolare lo stato di ciascun nodo che viene aggiunto in termini dello stato dei vicini a cui si collega. In entrambi i casi gioca un ruolo un parametro di contagio morale simile al fattore γ sopra introdotto, ed in entrambi i casi sembrano avvenire fenomeni analoghi.
Un problema interessante, ma ancora aperto e che non ci sembra sia stato studiato a fondo nemmeno a livello empirico, è quello dell’esistenza di valori di soglia, tali che per reti grandi la situazione della polarizzazione ideologica delle comunità dipenda solo dal fatto che γ sia maggiore o minore di una determinata soglia; l’esistenza cioè di discontinuità in indicatori quantitativi di polarizzazione al variare del parametro sopra introdotto. Dal punto di vista delle simulazioni, questo richiede una notevole potenza di calcolo in quanto occorre molto probabilmente fare delle simulazioni per reti molto, molto grandi, e dal punto di vista empirico potrebbe essere un ostacolo la mancanza di dati oggettivi e ripetibili in grande quantità.
(Questo articolo descrive in modo semplificato e divulgativo una ricerca in corso degli autori. Abbiamo ricevuto utili input da parte del Prof. Andrea Volterrani, Dip. di Ingegneria dell’Impresa, Università di Tor Vergata.)
fonte agendadigitale.eu