«Non ho vergogna di dire che sono la persona più fortunata e privilegiata che ho conosciuto»
Oliviero Toscani è così: esuberante, un po’ istrione e, in un certo senso, attento a stupire gli interlocutori con le sue affermazioni. Forse per nascondersi, forse per spiazzare... Tanto più che quella appena citata è la conclusione di un ampio discorso sulla fede, sul Paradiso e sulla situazione di tanti personaggi più o meno famosi, sedicenti miscredenti, che ormai avanti negli anni cominciano ad avere qualche dubbio e si fanno possibilisti riguardo a Dio e alle opportunità di guadagnarsi la vita eterna.
«Qualcuno potrebbe pensare che sono qui ad Assisi, al Cortile di Francesco, perché con l’età comincio ad avere preoccupazione per la morte. Ma io non ho dubbi, in Paradiso ci vado sicuramente».
Logico domandargli che cosa intenda per Paradiso. La risposta arriva immediata e riporta subito con i piedi per terra: «È qui, adesso. È quello che sto vivendo, che devo vivere». E allora Dio? E la fede? «Non so chi sia davvero Dio. C’è la fede dei cristiani, quella dei musulmani...». «Certo gli organizzatori del Cortile mi hanno catalogato fra i “gentili”...», afferma con una certa ironia. Ma guai a metterlo fra quelli che non credono. A una giornalista che poco prima aveva azzardato l’ipotesi ha risposto con un eccesso d’impeto, subito celato dietro una gentile disponibilità: «Non credente sarà lei!». Per poi aggiungere, come se non si fosse capito: «Sono credente a modo mio. In fondo credo che tutti siamo credenti, altrimenti non si può continuare a vivere».
Insomma, Oliviero Toscani è “diversamente credente”... «Sì! Forse... Ma non sulla sedia a rotelle... Credo che anche i santi siano dei diversamente credenti. San Francesco lo era certamente... originalissimo come una grande rock star... un po’ folle, comunicativamente efficacissimo, capace di parlare, di dialogare con tutti...».
È l’importanza di chiamarsi Francesco. Perché a Toscani piace anche il papa Francesco, del quale, come tanti, si è fatto una personalissima idea: «È come mio nonno. Lui era un socialista rivoluzionario, diceva le cose con semplicità, ma come andavano dette. Ecco, questo Papa non dice nulla di straordinario, ma finalmente c’è chi dice le cose come vanno dette».
Già, ma a parte i due Francesco, viene da chiedersi che cosa ci faccia ad Assisi Oliviero Toscani, che il 27 settembre alle ore 11, nella Sala stampa del Sacro Convento, gestisce un workshop sul tema “Razza umana tra immagine e comunicazione” e il giorno prima a Palazzo Bernabei, per il “Cortile dei bambini” si propone di insegnare ai più piccoli il vero significato delle immagini e della fotografia (per informazioni: cortile.sanfrancescopatronoditalia.it). Lui sulla razza umana ha parole poco lusinghiere: «Nel descriverla sono sinceramente imbarazzato. Ci siamo uccisi a milioni. E oggi se guardo a quello che accade e alle persone che contano vedo scarsa lungimiranza, nessuna visione del futuro, nessun progetto... Ma che vergogna... Lei mi chiede cosa farò ad Assisi? Sono venuto a fare il mio mestiere, a fotografare tutti, quelli che sono sul palco e quelli che ascoltano, i credenti e i non credenti per poi vedere chi ha più anima. Perché la fotografia non mente, racconta quello che siamo».
E Toscani non nasconde di essere intrigato da quella credenza secondo la quale la fotografia ruba l’anima. «Forse è per questo che tante persone che sono troppo fotografate rischiano di diventare vuote dentro. Tante top model, tanti uomini famosi sono vuoti». Chissà se anche Oliviero Toscani, con le sue foto, ha contribuito a svuotarli. Certo è che se la foto ruba l’anima (cioè, come dice lui «il luogo della libertà, l’energia che ci fa vivere e andare avanti»), chi la scatta deve sentire una responsabilità particolare. «La responsabilità – afferma dopo averci pensato lungamente – è nel capire che la fotografia ritrae le persone per quello che sono. Per questo bisogna stare attenti a documentare con serietà. Io posso dire che mi domando sempre se ho sufficienti cultura e capacità per raccontare e testimoniare il tempo che sto vivendo».
E i bambini? «Questa civiltà li sta rincretinendo con le immagini. A forza di immagini abbiamo tolto l’immaginazione ai bambini, cioè la cosa più bella. L’immagine ha sostituito la realtà perché la realtà esiste solo se c’è l’immagine. Le immagini in movimento della tv fanno diventare ciechi, fanno vedere con gli occhi degli altri, tolgono lo spirito critico. La fotografia, invece, è capace di lasciare più libertà interpretativa, ingaggia l’anima, la coscienza. Per questo è fondamentale insegnare ai bambini a leggere le immagini, non semplicemente a guardarle, ma a capirle, a interpretarle».